Inediti

Da differenti altezze


Caras Ionut, The weight of brain, 2016

Il testo partecipava ad un concorso spot del 2005 per dipendenti Telecom dal tema “Comunicare è vivere”, per racconti brevissimi (massimo 2000 caratteri).
Ero partito bene, con l’intento di santificare la smania di comunicazione. Ma poi non ho resistito alla tentazione di vedere il rovescio della medaglia.
Ovviamente il racconto è stato scartato.


A guardare giù dall’esterno d’una finestra al quinto piano si percepiva un altro afflato dalla vita. Un grigio uniforme ammantava uomini e cose, e la deriva dalla vita incedeva sfociando in uno stranito ineludibile non sense.
Ivo era pronto al salto.
Nessuna remora, tranne il pensiero della scena truce che avrebbe offerto al suolo. Cadere composto sarebbe stato un privilegio.
Ispirò a fondo e chiuse gli occhi, deciso a non riaprirli più.
Giusto pochi secondi.
E invece di lì a poco, di riflesso, le palpebre si levarono ancora.
Un bip dal mondo parallelo, la vita che scorre indifferente: un sms dal cellulare scordato alla cintola. Si concesse un ultimo accesso di curiosità.
Lesse.
“La faccio finita. Un abbraccio. Luca”

Cosa?!
Ivo fissò il display, e il vuoto sotto di lui gli parve di colpo indesiderabile.
Perché Luca? Perché lui?
Il plumbeo sopore di poc’anzi disparve, una scossa lo catapultò in camera, cellulare alla mano. Le dita scivolarono sulla tastiera. Un trillo, due, tre.
Luca era l’unico suo amico.
Quattro, cinque, sei.
Il bombito di sangue alle tempie montava.
Sette, otto squilli… poi una pausa.
E la voce opaca dell’amico all’altro capo.
“Luca!”
L’urlo sgraziato di Ivo era un disperato bocca a bocca modulato dagli hertz. Poi corse da lui.

Si scongiurò l’irreparabile e si risalì dall’abisso.
Col tempo l’amicizia s’accrebbe e la vita tornò a crepitare.
Il suggello a quella palingenesi fu un viaggio verso lidi esotici.
Rigenerati come chi emerge da un coma mirarono il mondo da ben altre altezze che il davanzale di una finestra: gli oblò di un aereo. E, smaniosi di comunicare, inviarono decine di sms salvifici ad amici e amori depressi.

La scatola nera ritrovata dopo il crash appurò che s’era trattato appunto di interferenze agli apparati di bordo causate da cellulari.
Tutti morti, compresi i due amici.

L’epilogo della storia sembra fuori dal tema del concorso, essendo parimenti idoneo per un bando di anacoreti dal titolo “comunicare è morire”.
Tuttavia, si sa, la morte è null’altro che un punto di discontinuità del vivere.

Gero Mannella Copyright 2004


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